Confidenze inaspettate

Piazza Risorgimento aveva a che fare con un traffico disumano e si muoveva veloce fra la fretta dei passanti e lo scorrere di un pomeriggio piuttosto caldo.
Giulia aveva telefonato a Max per sapere come stava e per dargli appuntamento in un bar discreto che si affacciava all’angolo tra due vie piccole e graziose. Aveva riflettuto molto nei giorni precedenti, cercando di riordinare i tasselli scomposti. Ora sentiva la necessità di parlare con qualcuno che la conosceva bene, che l’avrebbe aiutata ad affrontare qualsiasi verità, qualsiasi scossa violenta che le avrebbe potuto cambiare la vita.
Sonia e Max erano le uniche persone con le quali si sentiva al sicuro. Con la prima aveva un rapporto di fratellanza, condito da un bene spasmodico. Con il secondo aveva avuto una bellissima storia d’amore ed un legame indissolubile, di quelli che fanno fatica a scheggiarsi, proprio perché li hai protetti bene.
Per quell’occasione Giulia aveva scelto di confidarsi con Max, forte del fatto che il suo mestiere, l’avvocato, l’avrebbe agevolata nelle ricerche. Tutto quello che sapeva fare in quel momento era sperare, e non aveva mai sperato così tanto in vita sua.

Passo felpato ma elegante, occhiali scuri, capelli disordinati dal vento contro il viso, una mano occupata da una borsa da lavoro in pelle di cui si poteva immaginare l’odore, l’altra mano impegnata a sistemare qualcosa nel taschino della giacca. Max. Stava arrivando. Puntuale come al solito. In tutta la sua evidente ed invadente bellezza.
«Giulia!»
«Max, eccoti, andata bene l’udienza?»
«Rinviata. Queste assicurazioni ci stanno dando filo da torcere ma, lo sai, sono duro a perdere.»
Lei lo guarda sedersi, sistemarsi e parlare delle sue cose, distraendosi un po’. Colpa delle labbra. O della voce. O..
«Ehy, Giulia, mi stai ascoltando?»
«Ehm, sì Max, certo! Sono felice di sentire convinzione nelle tue parole. È molto importante.»
«Lo sai, è una cosa che mi appartiene. Piuttosto, prosecco e tramezzini?»
«Sì, ho molta fame, come al solito!»

E giù risate, battute di lui, risposte di lei, discorsi futili, la chiusura del cinema dietro Piazza Euclide, l’ultima americanata guardata in tv, i mobili sbagliati portati alla mamma di lui, storie liceali del fratello di lei. Poi sorrisi, sguardi, intese, carezze, viaggi mentali e robe simili.
«Max, ti devo parlare di una cosa molto importante.» Esordisce Giulia.
«Anche io.» Risponde Max.
«Dai, prima tu.»
«No, dai, l’hai detto prima tu.»
Il solito gioco che poi finisce in un imbarazzante silenzio, rotto dal cameriere che chiede cosa altro desiderano. Un altro prosecco per tutti e due, per far girare più veloce il sangue, come se già non girasse oltre i limiti di velocità.
«Qualche mese fa ho trovato dei documenti nella credenza dei miei genitori, li ho aperti distrattamente e ho visto che riguardavano un’adozione. C’erano le firme dei miei e i timbri dei Tribunali Minorili italiano e argentino. Documenti risalenti a ventisei anni fa, Max. Molto probabilmente riguardanti me. Ho scoperto diverse cose, sia qui a Roma che a Buenos Aires, ma ci sono dei pezzi che non riesco a ricongiungere. Sei il primo a cui confido questa cosa e ti chiedo di rispettare la mia volontà di mantenere la riservatezza. Mi aiuti a capire chi sono?»
Giulia scoppia in un pianto quasi isterico, disperato, disarmonico con i suoi sempre presenti sorrisi.
Max la guarda incredulo, poi la abbraccia, la stringe al suo petto e la convince a fidarsi di lui.
«Giulia, sono spiazzato, non ho molte parole. Ti aiuto io, stai tranquilla, qualsiasi cosa sarà di te la scopriremo e la affronteremo insieme.»
E le sorride.
Lei lo guarda con gli occhi lucidi e rossi, pende da quelle parole che le infondono sicurezza e sussurra qualcosa, forse un grazie, che l’abbraccio inghiotte.

Una suoneria fragorosa disturba quel momento tenero incastrato fra Giulia e Max. Il telefono di lui si agita sul tavolo per colpa di una vibrazione ubriaca. Lei si gira all’improvviso e senza volerlo legge sul display. Sonia. Si gira verso di lui che, tentando di recuperare il telefono, si accorge che è troppo tardi.
«So-ni-a?» Balbetta lei.
«Sonia.» Afferma lui.
«Era questa la cosa importante che dovevi dirmi?»
«Sì».
Giulia, presa d’assalto da una sensazione sconosciuta, si alza di scatto e corre via, lasciando Max seduto al tavolino con i prosecchi, i tramezzini e una suoneria impazzita che non ne vuole sapere di smetterla.
«Aspetta, Giulia!»
È tutto quello che riesce a dire al vento, perché lei ha già girato l’angolo.